Parole Papa Francesco: il lamento a Dio come preghiera

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE Martedì, 30 settembre 2014
(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.223, Merc. 01/10/2014)
«Giobbe aprì la bocca e maledì il suo giorno», lamentandosi «di quello che gli è accaduto… [dice infatti]: Perisca il giorno in cui nacqui. Perché non sono morto fin dal seno di mia madre e non spirai appena uscito dal grembo? Così ora giacerei ed avrei pace. Oppure, come un aborto nascosto, più non sarei o come i bambini che non hanno visto la luce»….«Giobbe, l’uomo ricco, l’uomo giusto, che davvero adorava Dio e andava sulla strada dei comandamenti…..È stato messo alla prova: ha perso tutta la famiglia, tutti i beni, la salute, e tutto il suo corpo è diventato una piaga»…dirà infatti «Sono solo. Sono abbandonato. Perché? Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: è stato concepito un maschio»…«Ma questo uomo bestemmia? Quest’uomo che sta solo, così, in questo, bestemmia? Geremia bestemmia? Gesù, quando si lamenta — “Padre, perché mi hai abbandonato?” — bestemmia? Il mistero è questo»… «Continua a pregare così, perché anche questa è una preghiera»….«Pregare è diventare in verità davanti a Dio. Si prega con la realtà. La vera preghiera viene dal cuore, dal momento che uno vive»…«La preghiera nei momenti del buio, nei momenti della vita dove non c’è speranza» e «non si vede l’orizzonte»; al punto che «tante volte si perde la memoria e non abbiamo dove ancorare la nostra speranza»….«Tanta gente è nella situazione di Giobbe. Tanta gente buona, come Giobbe, non capisce cosa le è accaduto. Tanti fratelli e sorelle che non hanno speranza»…«Ma, Signore, io ho creduto in te. Perché?». Perché «credere in te è una maledizione?». Lo stesso vale per «gli anziani lasciati da parte», per gli ammalati, per la gente sola negli ospedali. È infatti «per tutta questa gente, questi fratelli e sorelle nostre, e anche per noi quando andiamo nel cammino del buio», che «la Chiesa prega»…, «prende su di sé questo dolore»….«la Chiesa prega per tutti quanti sono nella prova del buio».
Del resto tutti noi «tante volte passiamo per questa situazione. E tanta gente pensa di finire nel niente». Ma santa Teresa si difendeva da questa insidia: ella «pregava e chiedeva forza per andare avanti, nel buio. Questo si chiama “entrare in pazienza”». Una virtù che va coltivata con la preghiera, perché — ha ammonito il vescovo di Roma — «la nostra vita è troppo facile, le nostre lamentele sono lamentele da teatro» se paragonate ai «lamenti di tanta gente, di tanti fratelli e sorelle che sono nel buio, che hanno perso quasi la memoria, quasi la speranza, che sono esiliati, anche da se stessi».